15 Luglio 2022

Lo sapevi che Milano è stata una grande capitale della cultura durante il Rinascimento?

Se pensiamo a questo periodo, nel nostro immaginario compaiono facilmente le meraviglie di città come Firenze, Urbino, Padova, Mantova, Vicenza, ma anche Roma, Bologna e Venezia. Parlando di Rinascimento, però, non sono molti a pensare anche a Milano: eppure, proprio il capoluogo lombardo tra Quattro e Cinquecento fu interessato da una feconda stagione artistica da cui sono scaturite splendide opere d’arte e che culminò, alla fine del XV secolo, con l’arrivo in città di Donato BramanteLeonardo da Vinci… il genio toscano, icona del Rinascimento italiano, a Milano soggiornò per quasi vent’anni!

Il Rinascimento a Milano fu senza dubbio un periodo d’oro per la città. Broccati, velluti e tessuti dorati ornavano quella che era una delle corti più sfarzose dell’Europa del tempo e per le strade non doveva essere difficile incontrare cavalieri con armature scintillanti, dame elegantemente bardate di pelliccia e cavalli dalle lucenti criniere. Infatti, in Europa l’espressione “ouvrage de Lombardie” era sinonimo di pregiata fattura, gusto cortese e raffinato.

Per di più, con l’inizio della dominazione degli Sforza a partire dal 1450, la città subì una serie di trasformazioni urbanistiche in cui si inserì anche la costruzione di importanti edifici come il Castello Sforzesco (ricostruito sulle fondamenta viscontee), la chiesa di Santa Maria delle Grazie e la Ca’ Granda, primo ospedale pubblico della città, eretto a due passi dal Duomo. Per non parlare, poi, dei capolavori pittorici custoditi dalla città, come il Cenacolo vinciano o la successiva decorazione della chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, vero scrigno del Rinascimento lombardo più maturo, ormai a inizio Cinquecento. Milano dalla seconda metà del XV secolo, divenne un polo d’attrazione per tantissimi artisti, inventori e architetti di grande calibro, italiani ed anche stranieri: fra i più importanti, Leonardo da Vinci, Donato Bramante e, non da ultimo, Bernardino Luini, solo per citarne alcuni.

Il fascino rinascimentale di Milano: Santa Maria delle Grazie e la Casa degli Atellani

Se c’è una parte di Milano che racchiude l’anima del Rinascimento lombardo, quella è proprio l’attuale zona Magenta, anticamente noto come borgo delle Grazie, il quartiere residenziale più esclusivo della Milano sforzesca! Il nome del borgo prende ovviamente nome dalla basilica del convento domenicano: affacciata proprio su Corso Magenta, nell’omonima piazza, sorge la basilica di Santa Maria delle Grazie, edificata tra il 1463 e il 1497 su progetto dell’architetto Guiniforte Solari. Oltre ad essere una delle architetture rinascimentali più riconoscibili della città, è famosa perchè nel refettorio del complesso conventuale adiacente è custodito il Cenacolo di Leonardo.
La chiesa esternamente si presenta con la sua sobria facciata a capanna e con una cupola racchiusa dal caratteristico tiburio a forma di prisma, la cosiddetta Tribuna del Bramante: l’artista marchigiano, attivo a Milano da qualche anno, realizzò quest’opera su incarico di Ludovico il Moro, ispirandosi al modello della Sagrestia Vecchia di Brunelleschi in San Lorenzo a Firenze. Il duca avrebbe voluto creare qui il muasoleo della dinastia sforzesca…
Entrare nella basilica, poi, è proprio come fare un tuffo nel Rinascimento lombardo: si passa dal Mausoleo sforzesco progettato da Cristoforo Solari, alla Cappella di Santa Corona in cui ci troveremo di fronte anche alla sontuosa Crocifissione, opera di Gaudenzio Ferrari; impossibile non ammirare anche gli affreschi di Giovanni Demìo nella Cappella Sauli e la Cappella di San Giovanni Battista, inconfondibile per la particolare volta ad ombrello e gli affreschi in stile manierista e scrigno per una pala del leonardesco Marco d’Oggiono. Molti dei dipinti presenti nella basilica furono, però, sottratti durante le spoliazioni napoleoniche. Un particolare insolito, da scovare all’interno della chiesa? Alzando lo sguardo verso il soffitto della basilica si può anche notare un coccodrillo, che secondo la credenza popolare avrebbe depredato le acque del Mincio per poi venire catturato dall’intervento delle Vergine.

Le bellezze del complesso di Santa Maria delle Grazie, però, non finiscono qui: adiacente alla chiesa si trova il Chiostro delle Rane, uno splendido cortile verdeggiante che permette di ammirare la Tribuna del Bramante da un punto di vista privilegiato, incorniciata dagli archi a tutto sesto, tipicamente rinascimentali, che definiscono il perimetro del chiostro.

Curiosi di scoprire altri angoli di Rinascimento nella zona di Corso Magenta? A pochi passi da Santa Maria delle Grazie si trova una dimora quattrocentesca dell’epoca di Ludovico Sforza: la Casa degli Atellani, residenza del nobile Giacometto di Lucia dell’Atella, che ricevette in dono quest’abitazione direttamente dal Moro; i suoi discendenti, gli Atellani, abitarono qui fino al Settecento. La facciata odierna fu rifatta nel Novecento dall’architetto Piero Portaluppi, ma all’interno ancora si conservano parti della struttura originaria, a cominciare dalle lunette con ritratti dipinti del primo Cinquecento e tracce di affreschi nel cortile quattrocentesco. Nel giardino, restaurato anch’esso da Portaluppi in stile neobarocco, si trova la cosiddetta Vigna di Leonardo da Vinci. Si racconta che il vigneto fosse stato donato al grande artista toscano da Ludovico il Moro, probabilmente come ringraziamento per la sua opera più famosa, il Cenacolo. La vigna originaria, a dire il vero, non si trovava esattamente nell’attuale sito, ma doveva essere comunque poco lontana, nel giardino di Casa Atellani, ma ciò che è certo è che ancora oggi produce un prelibato vino, la Malvasia di Candia Aromatica.

Visita con noi il borgo delle Grazie!

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Leonardo a Milano: il Cenacolo Vinciano

L’immagine più nota del Rinascimento a Milano è, però, sicuramente l’Ultima cena di Leonardo da Vinci, la pittura murale che il grande artista toscano realizzò nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie all’incirca tra il 1494 e il 1498. È uno dei dipinti più famosi e importanti dell’intera storia dell’arte e che fin da subito fu in grado di sorprendere i contemporanei. Infatti, per la prima volta assistiamo alla rappresentazione di un’Ultima cena fortemente umana e partecipata, risultato di un approfondito studio dei “moti dell’animo”: sentimenti di stupore, delusione, frustrazione e rabbia emergono sui volti degli apostoli proprio nel momento in cui Gesù annuncia che uno tra loro lo avrebbe tradito. Leonardo dipinse l’Ultima cena non con la tecnica dell’affresco, come si potrebbe facilmente pensare, ma a secco: per questo motivo si tratta di un’opera delicatissima, che era già in stato di degrado quando Giorgio Vasari, che la definì “cosa bellissima e maravigliosa”, la vide a metà del Cinquecento. Nel 1980 fu dichiarata, assieme a tutto il complesso di Santa Maria delle Grazie, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO poiché considerata “realizzazione artistica unica, di un valore eccezionale universale che trascende tutte le contingenze storiche”.

I tesori del Rinascimento a Milano a due passi dal Duomo: Santa Maria presso San Satiro e la Ca’ Granda

Altro gioiello del Rinascimento a Milano? Spostandoci verso via Torino, defilata dal caos di una delle principali vie dello shopping milanese e a pochi passi dal Duomo, si nasconde la chiesa di Santa Maria presso San Satiro, realizzata tra il 1478 e il 1518. Il nome della chiesa si deve al fatto che il nuovo edificio di culto rinascimentale fu costruito nei pressi di un piccolo sacello del IX secolo, dedicato appunto a San Satiro, e poi inglobato nel complesso. Cosa custodisce di così interessante? Per ovviare alla mancanza di spazio che avrebbe impedito la costruzione di un coro di ampie dimensioni, venne chiamato sempre Bramante che, con grande ingegno, realizzò un finto coro dipinto capace di dare, tramite un uso sapiente della prospettiva, l’illusione di essere di fronte ad uno spazio profondo 9,7 metri… peccato che lo spazio che Bramante aveva a disposizione aveva una profondità di soli 97 centimetri! Un’opera strepitosa, con tanto di arcate, lesene e addirittura una volta a cassettoni! Ancora, estremamente interessanti, sono anche la Sagrestia bramantesca e il sacello di San Satiro dov’è conservato uno dei capolavori scultorei del Rinascimento lombardo: lo straordinario Compianto di Agostino de’ Fondulis.

Se però ci dirigiamo verso il Duomo e proseguiamo per qualche altro minuto, ci troveremo di fronte ad un’altra delle opera rinascimentali per eccellenza: la Ca’ Granda, oggi sede dell’Università Statale e uno dei simboli della Milano quattrocentesca. Ad ordinarne la realizzazione fu il duca Francesco Sforza, come ricorda un’iscrizione ancora visibile in facciata: il desiderio del signore di Milano era dotare la città di un ospedale grande e moderno. La costruzione iniziò nel 1456 su progetto di Antonio Averulino detto il Filarete, al quale subentrarono poi Guiniforte Solari e, dopo la scomparsa di quest’ultimo, Giovanni Antonio Amadeo, architetti che modificarono il progetto originario per renderlo ancora più incline al gusto lombardo del tempo. I lavori proseguirono fino al 1499, anno della caduta degli Sforza, per poi ripartire nel Seicento. Anche se il cantiere non era ancora completato, la Ca’ Granda già nel Quattrocento aveva iniziato ad accogliere i primi pazienti. Una particolarità di cui, da milanesi, andare fieri? La costruzione è stata completamente resa possibile dalle donazioni di tantissimi cittadini e benefattori. Questo, però, implicò tempi di realizzazione molto lunghi, tanto che la terza e ultima fase costruttiva risale all’Ottocento, con la grande donazione del notaio Giuseppe Macchi.

Il complesso venne poi devastato dai bombardamenti del 1942-1943, che colpirono in particolar modo proprio l’ultima ala costruita, quella ottocentesca. Il recupero della Ca’ Granda, guidato tra gli altri da Liliana Grassi e Piero Portaluppi, è considerato un “capolavoro del restauro”, meritevole di aver preservato uno dei gioielli del Rinascimento a Milano.

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